Scrivo poco in questi giorni. E forse vivo ancora meno, sempre che si possa intendere come vita un ragionavole lasso di tempo passato senza preoccupazioni pseudo-professionali (per il lavoro nauseante che c’è oggi e per quello ideale e strepitoso che vorrei ci fosse domani) e con la mente sgombra da comunicati stampa da scrivere, conferenze da organizzare, inutilità da promuovere.
Mi rendo conto che ci sono giorni in cui odio questo lavoro. Per esempio quando sono costretto a passare ore nel difficile tentativo di convincere i media della bontà di manifestazioni che ai loro occhi rischiano di non avere niente da dire se il semplice fatto che esistono. Con committenti convinti che tutto gli sia dovuto e che la stampa (planetaria, s’intende) non attenda altro che un loro peto per lanciarsi all’inseguimento della fiatella. Che poi in quello che fanno non ci sia una "notizia" neanche a pagarla… beh, è qualcosa che non li tocca.
Per non parlare delle decine di persone che ti seguono, ti parlano, ti interrompono, ti chiedono lumi, consiglio, consulenze. Hai parlato con tizio? Hai sollecitato caio? Che dice sempronio? Approvazioni, conferme, correzioni, linee gerarchiche, mail in copia conoscenza, sottintesi, diplomazie… Non conta nulla essere stanchi, sottopagati, demotivati. Conta solo correre verso il prossimo evento epocale e la prossima corrente d’aria lievemente fermentata al fagiolo, da guidare con maestria nelle narici di chi scrive o racconta il mondo.
Non è sempre così, sia chiaro. E il lavoro che faccio riesce ancora a darmi grandi soddisfazioni. Ma sono sempre meno delle rotture di scatole e delle fatiche fatte. Intanto i giorni passano, la stanchezza si accumula, insieme al giramento di palle. E non ti accorgi nemmeno di portarti i peti a casa dal lavoro e di avvolgere in una nuvola malefica le persone che invece vorresti proteggere e santificare ogni giorno. Non bastano i ventilatori a spazzare via lo schifo. Ci vuole freschezza mentale e fisica. Peccato che siano cose più difficile trovare di un condizionatore d’aria ad agosto. Quando tutti scoppiano di caldo e tu speri ancora di trovare improvvisamente, in qualche recondito magazzino abbandonato, la soluzione elettrica a tutti i tuoi mali.
Che devo fare? Tengo duro? Mando tutto al diavolo? Taccio e spero in tempi migliori? Io lo faccio… ma se poi non arrivassero mai? Non è che siamo tutti dentro una cazzo di fortezza di frontiera nel deserto e nessuno ce l’ha mei detto?
ps
Mentre mi stramazzavo le balle in simili pensieri, negli ultimi giorni se ne sono andati anche due grandi vecchi come [tag]Altman[/tag] e [tag]Puskas[/tag]. Roba che in un mondo in cui calcio e cinema sono sempre più finti e pieni di effetti speciali rischia solo di darti il colpo di grazia. Come un peto o una fiatella informativa, appunto.
Vaìa