Welbizziamoci


Non ne voglio fare un semplice discorso sull’eutanasia. Il mio ragionamento va oltre. Va a quello che dovrebbe, nel mio utopico mondo, rappresentare lo Stato. Un’entità normatrice, certo, che regolamente il vivere civile ponendo paletti, dando assistenza, fornendo servizi.

Ma in base a che principio? Civile, religioso, affaristico?

Io credo che semplicemente dovrebbe far propria l’aspirazione di ogni uomo e donna, garantendo il diritto alla sua felicità. Che si concretizzi vivendo uomo con uomo, donna con donna, fecondandosi in vitro, facendo figli alla maniera tradizionale, sposandosi in chiesa e seguendo i precetti di Dio (Allah, Geova, Manitù… scegliete voi) o vivendo insieme senza alcun legame formale (e per favore, senza neanche sigle svilenti e burocratesi come Pacs).

E perfino morire, se la vita ti appare insostenibile. Scegliendo di andartene con dignità, invece che rinsecchirti su un letto con un tubo in gola. O respirare fino all’ultimo respiro di vita, anche se a spingertelo in gola è soltanto una macchina.

La felicità dovrebbe essere sempre e comunque un nostro diritto inalienabile. La vita è già tanto difficile (e a volte scandalosamente breve) di per sé… Chiedo troppo?

Vaìa

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