Nonnominareilnomedidioinvano


Quando il dolore inizia a farti da compagno quotidiano, giuro… le cose assumono tutto un altro aspetto. Non parlo del dolore sentimentale, della tristezza, della fatica di vivere che tutti più o meno intensamente possiamo aver conosciuto. Parlo proprio del dolore fisico. Del tuo corpo che inizia a stridere, contorcersi, ribellarsi. Delle tue ossa che ti dolgono per la spossatezza. Delle tue vene che sembrano pompare un liquido caldo, vischioso. Delle tue articolazioni, cartilagini, dischi che cedono, si assottigliano, iniziano ad arrendersi. Del tuo stomaco, o quel che è, che non regge più di un brodino caldo senza infuriarsi come una bestia, nemmeno l’avessi nutrito fino a oggi solo a margaritas e peperoncino.

Non è necessario avere qualcosa di grave, sia chiaro. Bastano poche piccole crepe, che giorno dopo giorno si aggiungono a quelle precedenti, poche piccole magagne che alla fine ti regalano tre mesi (3) di continuo dolore, salvo qualche rara e godibilissima giornata di pausa. Una sensazione spiacevole che non va via mai. Ma che puoi sperare soltanto che si attenui quel tanto per muoversi senza (eccessivo) male, masticare pensando bene ai denti che stai usando, andare di corpo sperando che sia meglio della volta prima, digerire sorprendendosi di non sentire per una volta (toh!) quel sassolino piantato in mezzo al petto, proprio due centimetri sotto lo sterno, che non va né su né giu.

All’inizio, lo ammetto, ti incazzi. “Non mi avevano spiegato che fosse davvero così doloroso, ‘sti infami”, pensi dell’operazione che ti hanno convinto a fare per il tuo bene… perché “meglio ora che sei giovane che poi dopo che a riprenderti ci metti un sacco”. E intanto il primo mese se ne va fra bestemmie quotidiane e stanchezza crescente. Insieme a 5 chili di peso. Che poi questo è anche un bene, perché – pensi – “dopo sai che figo che divento?”.
Poi iniziano gli imprevisti… Ecco… Lì – con l’imprevisto – ti incazzi un po’ di più. E calcolando che partivi già da una bella quota di rabbia… capite bene che non aiuta. Per esempio se ti si spezza un dente in bocca mangiando del pane. Un bel dentino devitalizzato che non rompeva le balle da decenni. E ti dici “va bene, pazienza, cose che succedono… ce n’è di più gravi”. Giusto, bene. Intanto però vai di antibiotici… e il tuo corpo in un mese ha già assunto quote di farmaci di livello industriale. Ma ora andrà meglio, no?
Sì, infatti adesso è il momento della schiena. Nome in codice: L5-S1. Ruolo: vertebra. Problema: sembra che si sia schiacciato un po’ il disco. Risultato: non guido, non resto seduto più di 15 minuti, saluto per (sempre?) un po’ corsa e altri sport.  E via di fisioterapia (benedetta, anche se cara come il fuoco… mi sarei già preso un iPad 2 senza dover aspettare Enrico), giornate dolorosissime, notti più o meno tranquille e dosi di farmaci antinfiammatori.
E uno dice, meglio no? Infatti… andava meglio. Stavo già programmando un rallentamento nella fisioterapia quando una notte, alle 2, mi sveglio con un dolore al petto. Niente di che, solo come se mi stessero infilando uno spiedo di quelli che usano nei ristoranti brasiliani, bello arroventato. Che uno dice “dai, non è un infarto, ho solo 38 anni e poi un dolorino lì lo sentivo da giorni!”. Infatti non è un infarto, mi dicono dopo 8 ore di pronto soccorso. Sono calcoli al coledoco. Tre giorni di ricovero a digiuno, con una bella flebo al braccio, e di nuovo a casa in attesa di togliermeli (domani). Ma non prima di essermi fatto anche una tracheite virale con tosse da marinaio novantenne e una lombosciatalgia (benedetto sia il voltaren fiale e chi lo ha inventato). Perché altrimenti uno poi sta bene e si abitua.
Adesso, tre mesi dopo il primo giorno di questa nuova vita all’insegna delle glorie mediche, sono molto più magro (8 chili in meno), molto più stanco (quando va bene mi sento come se mi avesse investito un tir) e molto più sereno.
Sereno, sì. Perché una cosa l’ho capita. Tu puoi anche innervosirti, incarognirti, nominareilnomedidioinvano ogni giorno. Ma tanto il male resta e tu stai solo peggio. Il dolore invece è un compagno invadente ma tutto sommato inconsapevole. Non vuole farti soffrire. Solo che arriva, come arrivano le stagioni, il vento, la pioggia… Insomma, avete capito. Non è cattivo, è la sua natura. Come dice si dice della leonessa che ha appena sbranato orrendamente un tenero e indifeso cucciolotto di gnu.
Come è arrivato, questo periodo finirà. Mi toglierò sto sasso dal petto, tornerò in forze, metterò per bene a posto la mia schiena e ricomincerò a fare sport (ma meno). Per esempio… Qualche giorno fa, mi son comprato on line un costume nuovo, perché ho voglia di nuotare. E tanto. Arriverà fra qualche giorno, giusto in tempo. Devo solo pazientare (ancora) un po’… E poi, l’importante è che non sia niente di grave (questa segnatevela, che non si sa mai…).

Vaìa

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6 thoughts on “Nonnominareilnomedidioinvano

  1. Un’idea per la convalescenza: smetti di correre e vieni a fare canottaggio con me (basta che vai piano e non ti fai prendere dalle tue ansie competitive e ti metti a superare le altre barche). Si fa sport da seduti, con calma, senza affaticarsi, pensando che sia una versione un po’ più scomoda del pedalò.

    Certo è che se ti ammali tu, che sei un ragazzo sano e sportivo, non c’è speranza per nessuno. Fatte le debite proporzioni, uno come me che normalmente consuma a letto degli involtini di lardo impanato pucciati nella nutella scaduta accompagnandoli con un frullato di mirto e gorgonzola e prende la macchina per andare al bar sotto casa, sarebbe morto sì e no in seconda elementare.

    Quindi ripigliati. E se la vita ti fa soffrire, se vivi in un contesto che sopporti come necessario e che magari sotto sotto non ti piace, cambia: è la medicina migliore.

  2. Io sto così da almeno 6 anni e tu mi pigli costantemente per il culo…
    E invece…
    Ti capisco. Resisti, prima o poi passa tutto.
    Ma la causa scatenante si chiama “stress” non “vecchiaia”…
    Sai che alla fine un bel corso di Yoga funziona? Avessi il tempo riprenderei, ma non è detto che non lo faccia.
    Bisogna curare la mente più del corpo amico mio.
    In bocca al lupo per domani. Nel caso chiama e io accorro.

  3. confermo per esperienza sullo Yoga. Senza, credo che ormai sarei caduto a pezzi.
    Nel tuo caso, però, anche un bell’inter-rail tra Lourdes, Fatima e Santiago de Compostela non guasterebbe. Guarisci bene e presto, che poi almeno ci facciamo un giro in moto!

  4. Sei messo bene, non c’e’ che dire… I calcoli alla colecisti li ho avuti anch’io 7 anni fa. Mi sembrava di avere un trans (di quelli grossi, brasiliani) che mi puntava il suo tacco a spillo all’altezza dello sterno per delle lunghe mezz’ore. Una goduria. Tolto tutto (bye bye colecisti) in laparoscopia. Una passeggiata di salute.
    Da allora ho potuto nuovamente dedicarmi senza pensieri alla mia passione per i formaggi (a parte la questione del colesterolo, ma e’ un altro discorso…).
    Resisti, tornerai presto a essere uno splendido quasi quarantenne!

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