Merveilleuse!


Nella mia galleria d’arte, ieri, è entrata una donna di mezza età. Una vestita bene, raffinata. Con un cagnolino al guinzaglio. Io del cane non dico niente, anche se i cani io li odio, ché ti lasciano zampate ovunque o, nella migliore delle ipotesi, un mare di pelo. Comunque sia, io a questa signora del cane non dico niente. Non le dico niente in generale. Me ne sto fermo e zitto alla mia scrivania in vetro e acciaio e la osservo da dietro gli occhiali senza montatura, come un gufo che punta la preda.
Lei gironzola per la stanza, tirandosi dietro il suo quadrupede formato mignon, infagottato in un orrendo cappottino scozzese rosso e verde. Fuori pioviggina e le sue insulse zampette lasciano una scia di orme sul pavimento bianco appena pulito, mentre il cane la imita scodinzolando e aumentando il mio disappunto. Io la osservo, quella bestia insulsa, ma non dico niente. Non una parola.

La signora vaga fra le opere sparse nel locale come se non le vedesse realmente, quasi fossero ombre che si stagliano appena sullo sfondo. Si ferma davanti al copertone bruciato di Zamperlini e quasi si mette a toccarlo con un dito, per saggiarne la consistenza. Di fronte al ramo spezzato di Trombolst trattiene a stento una risatina. Si vede da come le si piegano le labbra. Ma io non intervengo. Poi si lascia alle spalle il manichino impiccato di Furlan e viene verso di me. Decisa e con un bel sorriso da merciaia stampato sul volto.

Io la guardo. Lei mi guarda. Il cane di merda ci guarda, prima me poi la padrona (adorante). Io non mi muovo. Niente, zitto, fermo. Lei mi scruta. Si volta ancora un paio di volte a destra e sinistra (avrà notato l’originalissimo piccione in formalina di Berenstein?). Poi apre bocca.
– Originale questa galleria – mi fa. E io zitto.
– Come dire… “Curiosa” – Le virgolette si possono pesare nell’aria, una dopo l’altra, tutte e dodici.Io zitto, ma un po’ più nervoso.
– Ecco, sa… io cercavo un quadretto. Una cosa piccolina, così più o meno… Un “quadrettino” – E fa un segno nell’aria con quelle sue manotte grasse piene di anelli brutti e preziosi. E io immobile.
– Scusi, ma mi ascolta?
– Certo, signora – le rispondo serio -. Cerca un quadretto, piccolino, più o meno così. Un “quadrettino”. E ripeto il suo gesto con due-dita-due delle mani.
– Sì, appunto. Però non queste cose moderne che avete voi…
– No, signora?
– No… Sa, il punto è che qualche mese fa ho fatto ridipingere i muri del salotto, di un bel verde salvia.
– Capisco.
– E da quel momento la marina di Bronzetti che avevo appeso là da anni, sa ce l’hanno regalata per il matrimonio, la tenevamo proprio fra le due librerie della sala, insomma… la marina non si intona più. E’ diventata un pugno in un occhio, con tutto quel blu e quel marrone. Ha presente?
– Perfettamente, signora. Che disdetta. Mi duole molto. Un così bel regalo.
– Non sa il fastidio. Guardi ho qua una foto, è anche un bel quadro. Almeno così ci hanno sempre detto… Magari lei fa le permute, guardi!
Mi sporge una fotografia. Me la appoggia sulla scrivania proprio sotto il naso. La guardo. Il mio stomaco prende fuoco. Afferro con le mani il bordo del tavolo, mentre le nocche mi diventano livide. Avrei voglia di ribaltarlo, il tavolo. Più guardo la foto di quell’inutile quadretto da arredo e più mi sale il sangue al cervello. Una marina! Proporre una marina a me! Di Bronzetti, poi. Lentamente lascio il tavolo e respiro forte.
– Le piace?
– No.
– No? Beh, peccato. Credevo che avendo una galleria se ne intendesse. Guardi che costa un bel po’ di soldi, eh?
– Non gradisco le marine, mi spiace.
– Ma è di Bronzetti!
– Soprattutto se di Bronzetti.
– Uffa uffa! Quindi niente permuta.
– No, mi spiace.
– Contento lei… Comunque cos’ha da propormi?
– Come mi è parso di capire non credo che le nostre opere siano di suo gradimento.
– Beh… Ne avrà pur altre no?
– Diciamo che sono tutte dello stesso genere. Le nostre opere hanno un messaggio. Non sono delle semplici… “marine”.
La faccia della signora esplode in un secondo. Diventa grottesca, gonfia, volgare. Mentre ascolto il suo riso echeggiare nella stanza.
– Ah aha ahahaha! Un messaggio? O mamma mia! Ah ah ah! Oddio quanto è simpatico lei! Sa che l’avevo giudicata male?
– Che fa, ride?
– Ah ah ah! Un messaggio? Cioè, mi scusi ora smetto, cioè quel coso là, quel copertone bruciato avrebbe un messaggio? E pure il ramo? Oddio…
La guardo fisso negli occhi. La sua risata insulsa mi dà tanto alla testa che devo sedermi. Il cane mi guarda dall’alto del suo cappottino. Pare rida anche lui.
– Signora? – le dico rialzandomi – Ora che ci penso qualcosa che potrebbe andare per lei forse ce l’ho.
– Sì? Davvero? E cosa?
– Un bel boschetto. Un quadretto a olio di fine XIX secolo. E ora che ci penso, proprio con un bel prato verde salvia. E’ del grande Minzotti.
– E beh, Minzotti, certo! Che bello! E dov’è?
– Sul retro… Sa sono opere che tengo da parte per le clienti speciali, proprio come lei. Venga signora, venga… In mezzo a tutta questa, come dire, contemporaneità si perderebbero.
– Ma è sicuro che sia del colore adatto? – mi chiede seguendomi.
– Certo! Ci sono tutte le tonalità del verde.
– Anche il salvia?
– Certo, gliel’ho detto. Pensi che da allora si dice: “un verde salvia alla Minzotti!”
– Ed è delle dimensioni giuste?
– Signora! Mi devo offendere? Io la voglio accontentare. Se non ci sta lo ritagliamo. Lo sfumiamo un po’ qua un po’ là, vedrà che lo facciamo diventare grande proprio quanto serve a lei.
– Che bello! Vede che adesso ci capiamo alla perfezione? Dica la verità, era uno scherzo quello del copertone, vero?
– Sì, certo. Altrimenti qua saremmo sempre pieni di gente. Invece a me piace la tranquillità. Ma prego signora, passi avanti… Ecco apra quella porta, da brava. Sì, sì… faccia venire anche la sua adorabile bestiola…
– Ma che birbone! E quel rametto rotto, poi… Ma chi vuole – accidenti ma quanto è buio qua – Chi vuole che lo possa comprare? Ma dov’è la luce?

La cosa che mi dà più soddisfazione della mia galleria d’arte è osservare le facce di quelli che vengono a visitarla. Alcuni sono sorpresi, esitano davanti alle opere che proponiamo. Non è una questione di prezzo, no. Anzi, al prezzo non arriviamo nemmeno. Solo, non le capiscono. Altri escono subito. Altri iniziano a raccontarmi aneddoti imbarazzanti, provano a vendermi croste fuori mercato. Altri, come questa delicata signora, arrivano perfino a pormi richieste esatte al centrimetro e della tonalità più indicata. Io ascolto tutti, ma poi se insistono li faccio sempre accomodare sul retro e provo a spiegare loro che l’arte non è di tutti. No. Questa è una fandonia socialista degna di una quinquennale sovietica. No, l’arte è di pochi. Mia, soprattutto. E ho il dovere di difenderla. Giusto signora? Si guardi adesso. Guardi come è bella sotto i riflettori nella sala nobile, tutta colorata, col suo cagnolino in braccio. Non lo capisce il messaggio? Non la sente la forza artistica? Non respira un’aria nuova? Solenne?

Quando si apre la porta non mi giro nemmeno. Sono le 18 e la mia clientela affezionata arriva puntuale per scoprire in anteprima la nuova esposizione.
– Che meraaaavigliaaa! Non mi dica che è un nuovo manichino di Furlan? Streeeepitoooso! Giuro, strepitoooosoooo! Così reale e assurdo insieme.
– Buongiorno, Contessa. No, è un artista emergente: Prezzolati. “Figura di donna con cagnolino”, ceralacca su schiuma di poliuretano espanso.
Merveilleuse! Cher ami, merveilleuse!
– Lei mi onora Contessa. Venga, si accomodi. Le voglio raccontare tutto di quest’opera.

Vaìa

Commenti da Facebook:


One thought on “Merveilleuse!

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *