La vie en rose


Si guardò un’ultima volta allo specchio prima di uscire. Jeans di marca finto trasandati, scoloriti sulle ginocchia e con qualche scucitura strategica, sneakers ai piedi, camicia blu e giacca grigio scura, separata per l’occasione dal completo buono. Aveva dato fondo alle risorse del suo armadio e il risultato gli piaceva. Anche i capelli, che di solito detestava, era riuscito a pettinarli nel modo migliore, animando il ciuffo con un po’ di gel e lasciandolo sparato verso l’alto quel tanto che bastava per essere alla moda, ma senza eccedere. “Decisamente un bel tipo”, pensò.

Mentre scendeva le scale ripensò all’incontro della sera prima. Lui sfatto e con la voce arrochita dalle sigarette e lei così padrona di sé, elegantemente seduta con un paio di amiche a bere una cosa dopo il lavoro. Avvocato, aveva scoperto dopo poco, impegnata in una causa di quelle toste, trentatrè anni appena compiuti, anche se aveva dovuto strapparglielo a forza dalla bocca, e una storia finita male alle spalle. Per lui e i suoi trentasei portati alla bell’e meglio, lavoretti saltuari come se piovesse e nessun amore serio dietro di sé, una donna così era una botta di fortuna, pensava.

Ricordava perfettamente ogni virgola del lungo discorso che avevano fatto. Si erano messi a parlare nel locale, davanti a due medie scure, e avevano proseguito dividendosi una bottiglia di vino e un tagliere di salumi. Due anime gemelle, avrebbero potuto definirli quelli che li guardavano da fuori. Amici e amiche si erano dileguati, gli avventori della birreria se ne erano andati uno dopo l’altro e alla fine erano rimasti soltanto loro due e il cameriere che spazzava scazzato per terra lanciando qualche colpo di tosse, nella speranza che finalmente se ne andassero. E così avevano fatto.

La città addormentata li aveva accolti silenziosa. Marciapiedi umidi per l’umidità notturna li avevano accompagnati in una dolce cavalcata verso casa di lei. “Abito qua vicino”, gli aveva detto senza togliergli gli occhi di dosso. “Ti accompagno”, aveva risposto lui, il cuore che batteva in petto forte, le tempie che gli pulsavano in testa come un martello pneumatico. Chilometri macinati nel buio come pochi metri. Il portone, la chiave che scivola senza un lamento nella serratura. Il primo bacio nell’androne della casa, le scale fatte di corsa, esplorando i primi centimetri di corpo. Fianchi, torace, gambe che si flettono, odori che iniziano a mescolarsi. I respiri che dettano il tempo. La voglia, la paura.

Avevano fatto l’amore molte volte, quella notte. Spostando ogni volta un po’ più in là il confine del lecito, del piacere, della curiosità. Si erano trovati come si trovano due tasselli dello stesso puzzle, intagliati per fondersi insieme in un unico preciso momento e per un unico preciso scopo. Poi erano crollati esausti, mentre la luce della giornata che nasceva iniziava a filtrare piano dalle serrande abbassate, illuminando qualche granello di polvere sospeso nell’aria e una lama di carni intrecciate. “Devo andare a lavoro”, gli aveva detto lei. “Anche io”, aveva mentito lui. “Passami a prendere alle otto, voglio mangiare con te”, aveva aggiunto la ragazza. “Certo”, le aveva risposto, come in un soffio.

Quando era uscito di casa, alle sette e mezza di sera, riposato e ripulito a puntino, le sue gambe si muovevano da sole, portandolo veloce verso la sua notte di meraviglie. Aveva fame, di cibo e di lei. E mentre volava sulla città iniziò a fantasticare sul futuro. L’avrebbe rivista, quella sera e poi ancora e ancora e ancora. Avrebbero conosciuto tutto l’uno dell’altra, avrebbero scoperto segreti, difetti, colpe, meriti. Avrebbero messo nero su bianco le proprie coscienze, fatto progetti, conosciuto gente nuova, cambiato lavori, case e vite.

Avrebbero vissuto insieme, dividendosi sulle proprie spalle preoccupazioni, gioie, dolori e speranze. Avrebbero avuto figli, chissà, ma di sicuro sarebbero rimasti uniti. Lui lo aveva capito tutto a un tratto, mentre la osservava in birreria. Ricordava di aver guardato fisso le sue mani, le stesse mani che gli avrebbero dato piacere mentre scopriva il sapore dolce della sua pelle, e di aver immaginato la sensazione che avrebbe provato infilandole un anello al dito, con la consapevolezza di aver trovato la sua compagna di vita. Ecco la sua via, pensò, cercando con gli occhi il portone da cui era uscito solo poche ore prima. Quando lo vide il suo passo, invece di accelerare, rallentò fino a fermarsi.

Sollevò lo sguardo al quarto piano. La serranda alzata, con la luce accesa, gli fece capire che lei era in camera da letto, molto probabilmente a finire di prepararsi per una serata speciale. Perché, ne era certo, anche lei aveva provato le stesse cose. Lo aveva capito dalla naturalezza dei suoi baci, dalla sfrontatezza delicata delle sue labbra. Se lo sarà immaginato anche lei il loro futuro? Avrà fantasticato anche lei su famiglie, anelli, problemi, gioie? E anche adesso, mentre finiva di passarsi il rossetto sulle labbra e controllava nervosamente l’orologio, a cosa stava pensando?

Il campanello era lì, a pochi metri. Bastavano pochi passi e tutta la sua vita sarebbe stata a portata di dito. Il suo futuro era pronto per essere scritto, come da copione. Dal profondo del suo cervello gli tornò in mente una frase che aveva letto chissà quando, da qualche parte. Qualcosa sull’amore non vissuto, forse l’unico che non può deluderti. Girò gli occhi verso l’alto e tornò ad osservare il balcone. “Dove abiti?”, gli aveva domandato lei. “Vicino alla stazione”. “Vuoi il mio numero?”, aveva aggiunto la ragazza. “E per cosa? Per passare tutto il giorno a scambiarci messaggini sdolcinati?” aveva riso lui.

Guardò l’orologio. Le otto in punto. La luce in camera da letto si spense. La immaginò che passava in cucina, magari per bere un bicchier d’acqua prima di uscire. L’emozione le aveva reso la bocca secca. “Mi succede a volte, quando sono agitata”, gli aveva confessato, prima di baciarlo. Lui fece un passo indietro, e poi un altro. Si allontanò di un paio di metri, con lo sguardo sempre fisso al balcone. Se solo lei si fosse fatta vedere avrebbe ceduto, senza paura, convinto di fare la scelta giusta. La finestra rimase chiusa. Lui girò sui tacchi e si allontanò.

Vaìa

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