Alle cinque e un quarto di giovedì 11 aprile pomeriggio, con l’aiuto di un medico compiacente, il signor N. si fece mettere in coma farmacologico.
Era l’unico modo per prendersi una tregua dal mondo.
Niente più problemi economici.
“Ma, cazzo di fine ha fatto N.? Mi deve ancora duemila euro. Son mesi che lo cerco!”
“Eh, ma non lo sai? È in coma al San Sebastiano”
“Ma va? Che sfiga…”
“Eh… son tre mesi ormai…”
Niente più scuse da trovare per tagliare i ponti.
“Ma lo sai che non mi parla più? Lo sai che lo cerco e non mi caga?”
“Ma come, non te l’hanno detto?”
“Cosa?”
“È in coma da un paio di settimane all’ospedale”
“Sto stronzo, tutte le inventa”
Niente più problemi di lavoro.
“Ma dov’è quel documento urgentissimo sullo stato di avanzamento di Tanturli.it?”
“Ma chi lo doveva fare, N.?
“Già, è da ieri che lo chiamo”
“Beh, veramente è in coma da un paio di mesi”
“O cazzo! Se ne occupa lei Filetti?”
Niente telefonate inopportune. Niente mail delle balle. Niente sms, connessioni, pubbliche relazioni. Niente più discussioni inutili per ingannare il tempo e niente preoccupazioni materiali: lavorare, fare la spesa, mangiare, trovare il tempo per riposarsi.
Solo silenzio e pace. E comprensione universale. Non c’era più bisogno di scuse. Ogni problema svaniva come neve al sole di fronte a quel semplice dato di fatto clinico.
Dicono che il suo coma indotto fu il più lungo fra quelli registrati dalle statistiche, stabilendo un record che sarebbe entrato negli annali medici. Il professor A., ex compagno di infanzia, riusciva sempre a trovare una qualche complicazione che rendesse impossibile il risveglio.
Quando la sua permanenza in ospedale divenne ormai scientificamente insostenibile, N. fu risvegliato
La fortunata equipe medica che assistette all’evento era emozionatissima. N. aprì gli occhi sorridendo come un bambino. Mosse gli occhi tutto intorno a sé, fra mazzi di fiori e volti incuriositi, e chiese una cosa soltanto.
“Mi ha cercato qualcuno?”
Tutti risero di gusto, in quel giorno di trionfo della scienza.
Vaìa