“E’ il libro che avrei voluto scrivere io”

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Continuano gli attestati di stima per “Firlifù”, la fiaba di Maurizio Gomboli. Ultima in ordine di tempo J.K Rowling, che ha scelto di sostenere pubblicamente la storia del falegname Marcello in una affollata conferenza stampa londinese.

“E’ il libro che avrei voluto scrivere io, non ho nessuna difficoltà ad ammetterlo”, ha detto estasiata la creatrice di Harry Potter, prima di invitare giornalisti e presenti ad acquistare il volume “su Amazon o in uno dei tanti eBook store del Regno!”.

Vaìa

Firlifù, Obama lo recita così!

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“Un libro per tutte le generazioni. Una storia che fa riflettere e commuove”. Così il Presidente Obama ha definito la fiaba “Firlifù”, che ha recitato di persona davanti a una platea di bambini nel “Giorno dell’infanzia a stelle e strisce”.

“Scoprite Firlifù su Amazon – ha concluso il Presidente strizzando l’occhio ai giovani lettori – e in tutte le migliori librerie del Regno“.

Vaìa

Firlifù

firlifùFirlifù è venuto a trovarmi, la prima volta, su una spiaggia della Costa Azzurra. Era il 2012 e non aveva ancora un nome. Era solo un’idea, un abbozzo di risposta a una domanda: “Perché hai una medaglietta con un cavaliere che uccide un drago, babbo?”.

Erano le 8 di sera e stavamo mangiando gamberetti come se non ci fosse un domani. Solo un anno prima ero stato molto vicino a quel drago, ne avevo sentito il calore del fiato sul viso e ne portavo ancora freschi i segni sul corpo. Anche in quella splendida giornata di luglio.

Così, quasi senza pensarci, ho cercato le parole per raccontare di lui ai miei figli. Di come fosse arrivato, senza un motivo se non l’invidia del mondo, e di come fosse stato ricacciato indietro dalla magia e dall’amore. Perché nessuna battaglia è persa in partenza e perfino i draghi possono essere uccisi. A ben vedere non serve nemmeno essere veri cavalieri.

Giorno dopo giorno quella favola improvvisata si è trasformata in qualcosa di molto più solido e reale, e i suoi personaggi hanno preso vita grazie alle forme e ai colori che mio fratello ha immaginato per loro. Ed è bello oggi poter condividere tutto questo con voi, come se fossimo ancora su quella spiaggia a inventare storie e a divorare gamberetti, stupiti di poterlo fare.

Firlifù è arrivato. Scoprilo su Amazon Kindle Store o in tutti i migliori eBook Store.

Vaìa

Ancora una telefonata

I toni della tastiera del telefonino mi danzano davanti, mentre compongo per l’ennesima volta il tuo numero. Sono anni che lo faccio. Anni che mi manchi come un braccio perso in battaglia, come una speranza delusa, di quelle che non riesci più a provare. Ogni volta resto per una frazione di secondo in attesa, come un idiota, prima che la voce gracchiante dell’operatore telefonico mi avvisi di aver chiamato un numero inesistente (“Attenzione!”). Il pollice corre sulla cornetta rossa del display. La chiamata si chiude, e io resto qua con questa sensazione di abbandono addosso. Un panno umido sul viso, che mi fa respirare a fatica.

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“Il sogno di Giovanni”, reloaded

Ho un brutto vizio. Dopo aver scritto qualcosa, ci torno sempre sopra prima o poi. Non è mai un bel momento, perché divento ipercritico, riprendo in mano il tutto e ci do dentro di taglia e cuci. Sposto frasi, tolgo parole, ricostruisco periodi. Solo così mi sento in pace con me stesso. E solitamente, pur insultandomi da solo per la mia manifesta incapacità, trovo un qualche sollievo per i successivi sei mesi.

Qualche tempo fa, complice una rilettura notturna su Kindle, mi è venuto in mente di farlo con “Il sogno di Giovanni”. Ci è voluto il tempo che ci è voluto, ma adesso il tutto mi sembra scorrere meglio. Sia chiaro, soddisfatto mai. Ma almeno è un netto passo avanti. Diciamo che siamo al livello di una ristampa, o di una versione 2.0 Con l’aggiunta di un nuovo racconto (“Una giocata inattesa”), che ha già fatto il suo esordio qui sul blog.

Le mie nozioni sul mondo eBook mi suggeriscono che l’avviso di aggiornamento dovrebbe arrivare direttamente sui dispositivi di  chi ha già comprato il libro. Se così non fosse, sappiate che la nuova versione è disponibile per vecchi e nuovi lettori su Amazon e sugli altri principali store on line. Oltre che su carta.

Vaìa

Un giorno fortunato

Terzo giro dell’isolato e niente posteggi, ne ero certo. Che città! A quest’ora è impossibile anche solo pensare di trovarne uno. Accidenti ai dentisti e accidenti a me, che me ne sono scelto uno in pieno centro. Avessi almeno potuto fissare un appuntamento più tardi. Figuriamoci! Non c’è verso di far valere le proprie ragioni con quella razza di squalo, d’altra parte a lui che gli frega?

– Mi dispiace, o domani alle 15 e trenta  o fra un mese alle 19. Che fa conferma?

Confermo, befana d’una segretaria, confermo. Va bene signora, mi fissi alle 15 e trenta, che son tre giorni che non dormo per quest’ascesso! Altro che un mese di attesa…

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No, io in piedi su un banco non ci sono mai salito.

No, io in piedi sul banco non ci sono mai salito. Non ho fatto parte della “Setta dei poeti estinti” e non ho mai cercato di baciare la ragazza che mi piaceva, ubriaco, davanti al suo fidanzato giocatore di football americano. Ma ho avuto anche io sedici anni e anche io ho frequentato un museo chiamato scuola, in cui anziane figure prive di una qualsivoglia forma di empatia passavano il loro tempo a umiliare e terrorizzare giovani menti con le armi affilate del greco e del latino. Era il 1989, l’anno in cui caddi vittima dell’esame di riparazione di quinta ginnasio, in quel non-luogo chiamato “Liceo Classico Camillo Benso Conte di Cavour”.

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