Fiiiiii-Fiiiiii-Fiiiiiiiiiiiiiiiiii


Perdonatemi la banale omatopea del titolo, ma il classico triplice fischio finale che segnala la fine delle partite è quello che meglio rende l’idea di questo momento calcistico sospeso a metà fra l’assuefazione al male (quello a cui siamo abituati ad accettare tutte le domeniche in svariate forme: razzismo, vandalismo, botte) e la sua concretizzazione, che ieri sera, a Catania, si è portata via la vita di un giovane commissario di trentotto anni, come da copione sposato e con due figli.

Sarò molto sincero. Io amo il calcio. Ci ho anche giocato tanto e se ho un ginocchio che mi fa penare è per una mia uscita dalla porta in anticipo su un giocatore scalcinato che quella sera ha deciso di non levare la gamba. Adoro il calcio. Ma come ha detto una volta Mazzone, anche nel mio caso quando inizia la partita c’è un tale, uguale in tutto e per tutto a me, che prende il mio posto. Solo che non è l’equilibrato esponente di una cultura di sinistra fatto, per quanto possibile, di tolleranza, razionalità, logica e ragione. Non è qualcuno che si sforza di capire i diversi punti di vista dei fenomeni che lo circondano.

No, quando inizia a giocare la Fiorentina, il più delle volte quella persona urla, si incazza, prende a pugni il cuscino e si lascia andare alla blasfemia. Dà della merda all’arbitro e dei figli di buona donna ai giocatori avversari. A volte, voglio essere DAVVERO sincero, si è perfino sorpreso a soffermarsi sul colore di qualche giocatore avversario (tipo Vieira, soprattutto quando giocava nella Juve) reo di aver picchiato troppo duro uno dei nostri.

Sia chiaro. Quella stessa persona si pente abbastanza in fretta delle sue efferatezza. Ed è in grado di meravigliarsi per un gesto sportivo fato a danno della propria squadra ammettendone la sua meravigliosa e poetica bellezza, che è la quintessenza stessa del calcio. Il tocco di poesia, raro e prezioso, che giustifica anni e anni di squallide partite a lanciare il pallone in tribuna. Che ne so, quando Del Piero ci fece quell’incredibile gol (nel 1994), toccando il palone di volée con Toldo in uscita e sancendo la vittoria della Juve in rimonta sulla Fiorentina… non la presi bene. Mi girarono le scatole per mesi. Ma, lo ammetto, fu una rete memorabile e bellissima. E anche Dio, la Madonna, Gesù e un’altra decina di santi che scesero subito dopo giù per sedersi vicino a me, la apprezzarono sinceramente (d’altra parte che Dio sia Juventino è un dato di fatto, se si guarda come va il mondo…).

Perché confesso tutto questo? Perché racconto le mie metamorfosi in un simpatizzante di Forza Nuova a contratto determinato di 90 minuti? Perché comunque ho ben fisso nella mia mente che esiste un limite, quello he divide una partita di calcio dalla vita reale. Un limite visibile soltanto per i due tempi canonici (salvo supplementari e rigori, s’intende) ma che personalmente non ho mai neanche pensato di superare. Un limite che non è stato valiato ieri sera e nemmeno qualche giorno fa, con il dirigente ucciso a pugni negli spogliatoi di uno stadio di infima categoria in provincia di Cosenza. Fosse così la situazione sarebbe molto meno incancrenita. Purtroppo questa è una storia fatta di lapidi che risalgono almeno a fine anni Settanta, con il razzo che si fece in volo tutto l’Olimpico per atterrare nell’occhio di Vincenzo Paparelli.

Adesso si parla di tenere fermo il campionato "fino a quando non ci siano le condizioni per tornare alla normalità". Benissimo, ma non si tratta di qualche giornata. Potrebbero volerci anni. Però iniziamo. Come? Ad esempio applicando le leggi che già ci sono. Prendiamo la legge Pisanu, la tanto idolatrata legge Pisanu, partita come panacea dell’hooliganismo italiano e trasformatasi in meno di un anno nella solita buffonata italiana. A cosa serve questa legge? A sapere chi c’è esattamente in ogni settore dello stadio, grazie a biglietti nominali e numerati. Perfetto, se sei in Inghilterra funziona proprio così. Se sei in Italia capita che superi il tornello e ti siedi dove cazzo ti pare. Così se lanci un razzo dalla Maratona, posto 2c, vanno ad arrestare la nonna del tuo vicino di casa.

Vogliamo leggi ancora più severe? Benissimo. Allora obblighiamo le società a gestire gli stadi, investendo in sicurezza. Pagano milioni di euro all’anno centinaia di inutili giocatori-divi, potranno ben devolverne il 10% nella sicurezza, per esempio organizzando quegli stewart (sempre sul modello inglese) che dovrebbero contribuire alla sicurezza. E poi basta con questa storia che nello stadio si entra con qualsiasi cosa (bombe carta, biglie, spranghe) e poi ti rompono le balle per un accendino (o ti fanno togliere l’unica cintura El Charro che hai mai posseduto in vita tua).

E soprattutto basta con questa "cultura ultras". Con questi tifosi di mestiere, con questa gente che evidentemente non ha niente da fare per dedicare la propria vita a una squadra di calcio. Basta con i loro rapporti malati con le società (biglietti in cambio di cosa, sicurezza?), con le loro trasferte organizzate da guerriglieri del nulla. La loro filosofia da quattro soldi, sia di sinistra (anche se son pochi) che di destra (che sono i più). Dai "romanisti ebrei" dei laziali alle scritte "uno di meno" o "Giuliani vendicato" che sono comparse oggi a Livorno. Che perfino Giuliani tornerebbe in vita, ne son sicuro, per spaccare l’estintore in testa a chi le ha spruzzate sul muro.

Basta con le domeniche dai treni fatti a pezzi dagli autogrill presi a sassate dai pulman. Basta con le armi nascoste dentro gli stadi mentre si prepara la coreografia per la domenica successiva. Basta con gli arbitri che dovrebbero sospendere le partite al minimo segnale di pericolo o razzismo e non lo fanno mai cadesse il mondo, come ieri appunto.

E basta anche il contorno schifoso di chi governa il baraccone in modo indecente. Basta con dirigenti Figc, Coni, Lega che per decenni hanno avallato tutto questo spargendo solo parole di circostanza sui morti. Basta con società che non falliscono mai anche con montagne di debiti (Roma, Lazio, Parma…) e altre che spariscono per 100 euro (Fiorentina e Torino). Basta con squadre che non retrocedono mai sennò si bloccano i traghetti (Messina). Basta con campionati a 50 squadre, diritti televisivi solo per i più forti, debiti spalmati per i prossimi trent’anni (ancora Lazio) sennò i tifosi si arrabbiano. Basta con Guidi Rossi paladini della giustizia, che partono per sanare il pallone, distribuiscono sanzioni e poi entrano nel CdA di chi hanno premiato con uno scudetto (Inter).

E basta con i giocatori che si buttano a terra e pare che muoiano, salvo ritirarsi su al volo se vedono che gli altri se ne fottono e partono in contropiede. Basta con i giornalisti da supermegamoviolone che a "guardar bene da questa angolatura ripresa da sotto il tombino di irrigazione di San Siro era rigore come ha fatto l’arbitro a non vedere sicuramente l’han pagato". Basta con le chiacchiere da bar tirate avanti fino a notte, per cercare lo "sgoop", l’errore. Per pietà… basta.

Facciamo come Arnaldo Cezar Coelho, l’arbitro brasiliano della finale di Madrid ’82. Fermiamo il pallone mentre è ancora in gioco, a metà di un passaggio. Portiamolo via ai giocatori, al pubblico, ai presidenti, ai giornalisti, al pubblico, a tutti… E solleviamolo a cielo, per metterlo in salvo. Con un bel triplice fischio a fare da contorno. Fiiiiii-Fiiiiii-Fiiiiiiiiiiiiiiiiii. E tutti negli spogliatoi a farsi una bella doccia fredda.

Vaìa

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4 thoughts on “Fiiiiii-Fiiiiii-Fiiiiiiiiiiiiiiiiii

  1. Matarrese non è d’accordo con te. Ieri era ha detto che tutto ciò è un male da tollerare, che non si può toccare nulla, perchè l’Italia è un Paese che gira intorno al calcio…Davvero? Ma… io preferisco orbitare intorno ad altro, non so, meglio la f**a che il pallone, no?

  2. Matarrese… Ecco un esempio delle cose da eliminare del calcio di oggi (e anche di ieri visto che l’individuo già governava male 15 anni fa). Mamma che paese marcio che siamo…

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