Sono democratico. Ma non troppo (manifesto utopistico in salsa scandinava)


Domenica non ho votato per la costituente del Partito Democratico. Anche se, per dirne una, ero entusiasticamente andato a votare per Prodi nelle primarie dell’Ulivo nel 2005.

Non che gliene possa fregare qualcosa a qualcuno, ma di mettermi in coda con il mio eurino e la faccia orgogliosa e sorridente proprio non me la sono sentita.

Perché? Perché sono stanco di slogan, di frasi fatte, di “grandi feste della democrazia”. I bei discorsi si scrivono a tavolino e le foto si scelgono per emozionare. Ma io voglio una cosa sola. Fatti. Lo scriverò più chiaramente: F-A-T-T-I.

Non mi interessa leggere dichiarazioni sull’Italia che cambierà. Io voglio fatti.

Non mi interessa sentire cosa faranno contro il precariato o il lavoro nero. Io voglio fatti.

Non me ne frega una mazza di “lotta alla mafia” e “sviluppo del mezzogiorno”. Io voglio fatti.

Non mi interessa ascoltare dibattiti sulle “opportunità” dei diritti civili, delle unioni di fatto, dell’eutanasia. Io voglio fatti.

Non mi interessa sapere come intendano muoversi per tagliare i rami secchi della politica, gli sprechi, le “zone d’ombra”. Io voglio fatti.

Non ne posso più di questa nazione tutta “chiacchiere e distintivo”.

Io voglio un paese dove chi sbaglia paga e si toglie di torno. Sparisce. Scompare.

Voglio un paese dove chi fa fallire le imprese, fallisce con loro e non si ricicla con buoneuscite milionarie.

Voglio un paese dove posso scegliere con chi vivere, quando morire, chi sposare. Senza che il “legislatore” si faccia puntualmente scavalcare a destra dalla chiesa e a sinistra dai giudici.

Voglio un paese dove mi senta parte di un sistema che funziona nel rispetto di tutti. A partire da chi gestisce la cosa pubblica.

Voglio un Paese dove Report non abbia più niente da raccontare. Chiuso per mancanza di cronaca (che la Gabanelli mi perdoni!).

Voglio un paese dove gestiscano i nostri soldi e le nostre tasse guardando lontano e non pensando solo ai giorni che mancano a fine mandato.

Voglio un paese di gente che non vivacchia e non s’ingegna. Ma progetta e costruisce il suo futuro con solida razionalità.

Voglio un paese dove la politica sia una cosa bella e pulita per tutti.

Voglio un paese dove Beppe Grillo non abbia più appigli per la sua demagogia facile facile. Da supermercato della democrazia.

Voglio questo, quello e pure quell’altro.

Voglio sapere che se lavoro bene verrò riconosciuto. Anche se non sono “figlio di”, “compagno di”, “camerata di”.

Voglio essere certo al 1.000×1.000 che “rossi e neri” NON “sono tutti uguali”.

Voglio sentirmi scandinavo!

Voglio sedermi, aspettare, osservare, annusare.

Quando le “grandi feste della democrazia” saranno finite e (forse) si avrà la possibilità di tornare a sporcarsi le mani governando allora tornerò ad occuparmi del Partito Democratico.

E sarò il primo a votarlo, sperando che per una volta non mi facciano cascare le braccia due minuti dopo averci messo sopra la x.

Vaìa

Commenti da Facebook:


6 thoughts on “Sono democratico. Ma non troppo (manifesto utopistico in salsa scandinava)

  1. Giustamente, vuoi vuoi vuoi vuoi. Pure io.
    Pero’ la prima volta che hai la possibilita’ di influire sulla costituente – e quindi sulla linea politica – di un partito che bene o male contera’ qualcosa in Italia (piu’ o meno dalle tue parti, come valori, anche se magari non esattamente) non muovi un dito?
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    Cioe’, ok vuoi vuoi vuoi vuoi. Ma per ottenerlo, politicamente, che fai fai fai fai?
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    Cavoli, qui avevi l’occasione di scegliere e, nel tuo piccolo, influenzare un po’ una cosa acciocche’ rendesse piu’ realizzabili i tuoi “voglio”. E non lo hai fatto.
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    Ce ne ricorderemo quando faremo la rivoluzione. Prepara il collo. [lo portano via]
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    Ehm, no, dicevo. Noi ora siamo (glomp) democratici, (glomp) inclusivi e buoni, quindi anche se sei un “compagno che sbaglia” ti perdoniamo cristianamente (no, cristianamente no, dai cazzo! Rosy non insistere, dio cane! Ouch! Ok, scusa, ritiro il dio cane. Ouch! Basta!) e contiamo in una tua futura e amorevole partecipazione a questa grande festa di popolo che e’ il Partito Democratico.

  2. Sarò un “compagno che sbaglia”.
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    Sarò un compagno che aspetta.
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    Sarò un compagno che cerca gli antiemetici dopo aver visto certe persone accostate a certe altre sotto la stessa grande etichetta.
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    Sarò un compagno che non è facile illudere.
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    Sarò un compagno che si è rotto i maroni di certi salotti. Di certe facce che non gli van giù.
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    Sarò un compagno che pretende prima di dare fiducia.
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    Sarò un compagno che pensa perfino che forse votare a destra ha un senso, visto che non ti aspetti niente, ma almeno lo sai prima.
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    Sarò un compagno sempre a sinistra della sinistra PD.
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    Sarò un compagno sempre fuori dal coro belante del “che beeeeeeeeello, cambiamo l’Italia davveeeeeeeeeero”.
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    Sarò un compagno che ha votato nel 1996 perché ci credeva.
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    Sarò un compagno che ha votato nel 2001 perché odiava gli altri e nel 2006 perché aveva visto governare gli altri. Ma che non ci credeva più.
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    Ma sarò un compagno pronto a cambiare idea.
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    Anzi. Sarò e sono un compagno in stand-by. Consumo meno energia (mentale e fisica) e sono pronto a riaccendermi alla bisogna. Di sinistra ed ecocompatibile, che vuoi di più…

  3. Pero’ la prima volta che hai la possibilita’ di influire sulla costituente – e quindi sulla linea politica – di un partito che bene o male contera’ qualcosa in Italia (piu’ o meno dalle tue parti, come valori, anche se magari non esattamente) non muovi un dito?
    No, scusa Suzuki, lasciamo stare il fatto che erano elezioni con fantocci al posto di avversari, in cui la più credibile è rosy… ma secondo te questo partito democratico cambierà qualcosa?? e sopratutto avrà quale identità? un calderone di centro senza anima. per me, sia chiaro.

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