Sembra che sorrida


Giro nel corridoio. Giosuè mi aspetta proprio fuori dalla stanza. Ha il volto stanco, ma come sempre una espressione di beata serenità sul viso.

– Giosué! Sono venuto appena ho saputo. Me lo hanno detto solo ieri! Ma cosa è successo?
– Un incidente. Ha preso in pieno un tir che ha frenato di colpo in tangenziale
– O mamma mia!
– La sua macchina si è accartocciata come una scatoletta di tonno. Due del 118 sono svenuti solo a guardare.
– O Gesù!
– L’hanno potuto tirare fuori solo quando sono arrivati i vigili del fuoco
– O Madonna!
– Una lamiera di dolore, non so come spiegartelo altrimenti. Un cartoccio di sangue!
– O Maria, Maria, Maria!
– Lo so, è dura…
– Ma è tutto intero?
– Più o meno. Sono dovuti andare giù pesante con la fiamma ossidrica. Taglia qua, taglia là… Proprio intero non era…
– O vergine santissima! Ma ha perso i sensi?
– Ma no! Lucido dall’inizio alla fine. Si informava via via che tagliavano…  Loro lì con fiamma e seghetto alternativo e lui che chiedeva “Cheeee fateeeeee?”… Una scena tremenda, mi han detto…
– Ma vuoi dire che sentiva? Magari si era rotto il collo… Magari non sentiva nulla?
– Magari! Nemmeno per idea… Sentiva tutto! Tutto! Ogni più piccola vibrazione… ogni incisione! Ogni…
– O santa vergine delle rocce!
– Lo so… lo so… Dobbiamo farci coraggio.
– E in ospedale che han fatto?
– Che vuoi che abbiano fatto. Hanno raccolto i cocci e lo hanno rattoppato alla bell’e meglio…
– Ma sono riusciti a sedarlo almeno?
– Nemmeno per sogno… Urlava come un pazzo. Non gli trovavano la vena… Deve essere rimasta sotto al tir…
– O diavolo porco!
– Non potevano fare di più.
– E la morfina?
– C’hanno provato. Gli è venuto uno sfogo allergico talmente violento che l’hanno dovuto operare d’urgenza. Senza anestesia.
– E non ha perso i sensi?
– Niente! Lucido fino alla fine. E quanto piangeva!
– E poi?
– Poi l’hanno tenuto in ospedale per un mese. Ogni giorno gli cambiavano le bende e lo ripulivano dalle infezioni
– Pure le infezioni? O per la Madonnina santa…
– E già… Sai… le lamiere si vede che erano arrugginite… Perdeva pus come una fontana.
– O santo cielo! E adesso è a casa?
– Si. O meglio, quello che è rimasto di lui. E lo teniamo con noi. Sai… alcuni potrebbero dire che non è più vita la sua. Lui stesso ci ha fatto capire più volte che non ne poteva più… Soprattutto i primi tempi, in ospedale. Ma ora va meglio. Se ne è fatta una ragione. Ha perfino capito come comunicare con noi…
– Ma, come… Vuoi dire che è un vegetale?
– Quasi… Voglio dire… non può far molto. Ma è sempre cosciente. Sempre. A volte, quando lo guardo, anche se non ha più la bocca mi pare che sorrida. E’ così tenero…
– O benedetto il cielo!
– Benedetto davvero. La vita ci viene donata dal signore e non dobbiamo sprecarla. Anche se ci sembra insopportabile. Glielo abbiamo fatto capire, sai… Vuoi vederlo?
– Ecco… insomma…
– Non devi avere paura. Dai che entriamo e gli facciamo scambiare due chiacchiere al telefono con la sua ragazza…
– La sua ragazza? Ma perché è rimasta con lui?
– No, non ce l’ha fatta. Lui stesso l’ha pregata di rifarsi una vita prima di perdere l’uso della parola. Ma è bello vedere come riescono ancora a darsi coraggio l’un l’altra. Dei entra, vieni…

Si apre la porta. Guardo le pareti, piene di poster e crocefissi. Poi guardo il letto e mi si gela il sangue nelle vene. Fra le lenzuola c’è un braccio di Carlo. Guardo meglio, forse mi sono sbagliato… Ma il resto del corpo non c’è. Solo un braccio, con un tubicino inserito per l’alimentazione.

– Ciao Carletto? Come andiamo oggi?
– (sussurro) Ma può sentirci?
– Non lo so, ma perché non pensarlo? Parla pure a voce alta… Dobbiamo essere ottimisti e farlo sentire una persona normale. Dai che lo facciamo telefonare…
– Ma come? Cioè… Come?
– Così, guarda. È facile.

Giosuè prende il cellulare e compone un numero.

– Ecco Carlo… ti ho fatto il numero di Marta. Te la ricordi Marta, la tua ragazza?

Silenzio.

– Secondo me non può…
– Aspetta… Guarda! Attacco il vivavoce.

Il telefono è appoggiato fra le dita inerti del braccio. Si sente squillare fino a che dall’altra parte non risponde la voce di una donna…

Pronto?
– …
Oddio Carlo, ma sei ancora tu?
– …
Ma la volete smetterla di chiamarmi? Mi fate paura! Io non posso parlare con un braccio! Non posso! Carlo, ascoltami…
– …
Ma che sto dicendo? Giosuè… So che sei là che ascolti. Ho chiamato il nostro avvocato. Faremo di tutto per aiutare Carlo ad andarsene con dignità. Proprio come avrebbe voluto lui… Giosuè? Mi senti? Sei un maledetto maniaco! Gios…

Giosuè riprende il telefono e chiude la conversazione. Mi guarda sorridendo, come se niente fosse.

– Povera Marta. Non è ancora riuscita ad accettare completamente la situazione.
– In effetti… come darle torto.
– Non darle retta! Ma guardalo! Non ti sembra che sorrida? Io lo so che è felice dentro di se! Guardalo!
– Mah… Se lo dici tu…
– Ma certo che sorride! Ringraziando il cielo…

Giosuè rimette il telefono fra le dita di Carlo. Un po’ in bilico.

– Te lo lascio qua, va bene? Che so… magari vuoi chiamare qualcuno.
– Giosuè, ma come…
– E non essere tanto pignolo! A proposito, se vuoi fermarti fra una ventina di minuti arriva anche il parroco… Stiamo preparando Carlo alla messa di domenica. Lo portiamo dal vescovo, in Duomo.
– Guarda, grazie… Ma devo proprio andare…
– Capisco. Ma torna quando vuoi, così… Ah! Ma che sbadato che sei Carletto! Ti è caduto di nuovo il cellulare. Me lo vuoi proprio rompere, vero?
– Ma… io non credo che…
– No tranquillo, glielo dico solo per scherzare. Dai, ti accompagno… Che fra poco gli devo cambiare posizione sennò gli vengono le piaghe sul gomito.

Vaìa

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