L’Emilia


L’Emilia che ti accoglieva la prima volta tutta curiosa, con il suo sguardo da bimba. Lo stesso che ti lanciava all’improvviso, dopo averne sparata una un po’ troppo grossa. L’Emilia che spalancava gli occhi e rintanava appena la testa fra le spalle, mascherando con un sorriso l’audacia delle parole. Che ti faceva sedere sul divanetto ricco di centrini, facendo sferragliare la macchina per l’espresso fino a cavarne fuori un caffè tutto suo, da sorbire lentamente come una delicatezza.

L’Emilia che diceva che ero bello, uno da non farsi scappare. Che mi accettava senza fare una piega, come una ventenne dal corpo invecchiato, che trovava normale quello che a tanti ancora oggi può sembrare sconveniente. O che semplicemente non si poneva troppe domande e vedeva una possibilità in quella che poteva sembrare una strada troppo dissestata per essere percorsa in sicurezza.

La golosa Emilia, che si faceva comprare crostate e torte al cioccolato con la scusa dell’amica che la passava a trovare e che mangiava più di lei. “Vuoi mica farle trovare la dispensa vuota? Che poi io con il mio diabete non posso mica. Figurati!”. L’Emilia che conosceva tutti e che quando si infervorava le scappava un dialetto tutto curve, come le strade della sua terra. Una lingua misteriosa che io non capivo, ma che mi divertivo a indovinare, facendola ridere. E meno male che c’era la mia dolce traduttrice a sussurrarmi la versione giusta, che noi di Firenze con il nostro italiano certe cose non le impareremo mai, nemmeno in una vita da emigranti.

L’Emilia sarta fantasiosa e sapiente, con la casa piena di modelli in carta ritagliati da riviste per professioniste del cucito. Pezzi di carta incomprensibili che solo lei sapeva interpretare e trasformare in camicette, abiti da sera e gonne ricche di fiori da esibire con orgoglio in ogni occasione importante. E chi se ne frega se a qualcuno potevano sembrare demodé.

L’Emilia che mi spiace aver conosciuto troppo tardi e che mi ha fatto pensare di poter essere come lei, un giorno. Capace di godermi la vita e di dire quello che penso con semplicità, anche a costo di litigare. Che potrà anche essere una caratteristica che si conquista con l’età, ma che come il coraggio di quel tale o uno ce l’ha o non se la può dare da solo.

L’Emilia che oggi è tornata fra le colline del suo Monferrato, più belle del solito. Col sole forte di mezzogiorno a scaldare le vigne e troppi alberelli di nocciolo a far da contorno. Avrebbe voluto andarci presto per riprendersi dall’inverno di Torino e governare il suo piccolo impero in espansione. Adesso vi si fermerà per sempre. Non ne sono certo, ma credo che non avrà nulla da obiettare. Al massimo si farà una delle sue risate infantili, con un bicchierino di limoncello fra le dita e una bella fetta di torta da mangiare con gusto, aspettando le amiche.

Vaìa

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