Quel bus chiamato intolleranza


Leggo cronache sempre più disperate.

Due ragazzette coatte fumano sull’autobus e se una donna di colore glielo fa notare la insultano e la prendono a schiaffi.

L’episodio è disgustoso in sé. Perfettamente in linea con il paese che siamo (sono) diventati. Perfettamente rappresentato dall’oligarchia mafiosa-razzista che lo governa.

Una volta mi sarei chiesto con indignazione come mai nessuno era intervenuto a sostegno della donna nigeriana e della sua, mi si passi il termine così banale e desueto, educazione.

Mi sarei stupito di fronte alla passività del guidatore. Che non si è sognato neppure lontanamente di intervenire e di far rispettare le regole sul suo autobus. E avrei gridato allo scandalo per l’assenza della polizia.

Adesso tutto mi scorre addosso come merda fresca. Non mi soprende più. Ed è la cosa peggiore.

Domani, o stasera stessa, ci spiegheranno che la civile nigeriana e la incivile coppia italo-ucraina erano da sole a bordo. E che l’autobus era teleguidato. Quanto alla polizia, doveva scovare due o tremila criminali clandestini, poteva mica perdere tempo?

Ma forse non ne parleranno nemmeno, gli altri. Perché l’Italia non è un paese razzista. Siamo tutti buoni e ci vogliamo tanto bene. E chi non lo pensa ha già pronto il suo posto sul barcone del rientro.

Vaìa

Commenti da Facebook:


2 thoughts on “Quel bus chiamato intolleranza

  1. ormai la puzza di merda non si sente nemmeno più, mi stupirei di respirare aria pulita, guarda… aspetto il momento in cui potrò stupirmi, ma so che non lo vedrò da vivo, certamente.

Rispondi a pietroizzo Annulla risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *