Venerdì 27 gennaio, ore 13. Si torna in mare aperto.
Ci ho messo mesi a costruire la mia piccola zattera. Legnetto su legnetto. Corda su corda. Giorni e giorni a legare, serrare, rinforzare. Mesi a resistere, a far passare il tempo, a staccare la mente. Notti passate a guardare le stelle, immaginando di trovarmi altrove, in una vita normale.
Adesso che aspetto il vento giusto per salpare, non posso fare a meno di ripensare che sto per mettermi in acqua senza punti di riferimento precisi. So esattamente dove voglio andare, ma ho solo un’idea confusa di come riuscire a farlo. Sensazioni. Intuizioni, nulla di più.
Non ho mappe, né bussole. Né compagni a cui chiedere istruzioni, perché ognuno ha lasciato questa roccia nel nulla a modo suo. Ognuno ha tracciato la propria strada alla cieca e non si è attardato a dare istruzioni agli altri che ancora dovevano partire.
Ma soprattutto, se osservo il cielo e cerco di capire che tempo farà, mi assale sempre una domanda. Fredda come l’acqua in cui sto per tuffarmi, che non riesco a toccare senza sentirmi indolenzire le mani. Una domanda alla quale non sono in grado di dare risposta.
Sarò ancora capace di navigare?
Vaìa
si. è sei un buon marinaio.
ma senza equipaggio si fa ben poco.
buona fortuna.
di sicuro!